Giorgio Caproni (1912-1990) è stato un poeta, traduttore e critico letterario italiano, tra le voci più significative del Novecento. La poesia condivisa, intitolata “Quanti se ne sono andati…”, fa parte della raccolta Il passaggio d’Enea (1956).
Il testo esprime un senso di vuoto e perdita profonda. L’assenza delle persone care è così totale che non ne resta nemmeno la memoria, l’impronta di un ricordo o il segno di una presenza. La poesia è dominata da immagini di leggerezza e di inconsistenza, come il vento sul marmo, l’ombra sul marciapiede, e il brusio delle foglie. Questi elementi sottolineano la completa evaporazione delle persone, scomparse senza lasciare traccia.
L’uso di un linguaggio semplice e diretto, insieme alla punteggiatura e alla frammentazione dei versi, crea un’atmosfera di sospensione e di profondo dolore. Il poeta sembra chiedersi cosa rimanga di un’esistenza quando non c’è più nemmeno la traccia di chi l’ha condivisa. La conclusione è un’immagine potente: un dolore così interiore e privato da essere visto solo dal cuore, mentre la mente fatica a crederci.