
La sua poetica evolve nel tempo, ma alcuni elementi rimangono costanti e ne definiscono lo stile unico:
- Il viaggio e la ricerca: La poesia di Caproni è spesso un viaggio, sia fisico che metafisico. Il poeta si muove in città reali e immaginarie, alla ricerca di un senso perduto, di una “ragione” che sembra sempre sfuggire. È una ricerca che non ha mai fine, simboleggiata dal treno, dal motore o dalla nave che si muovono senza sosta.
- La mancanza e l’assenza: I suoi versi sono spesso pervasi da un senso di mancanza, che si tratti di una persona amata, di un ricordo, o di una certezza. Questo vuoto è il motore della sua ricerca, un’assenza che paradossalmente dà forma alla sua poetica.
- Il dialogo con la tradizione: Caproni è un poeta coltissimo che dialoga con la grande tradizione letteraria, da Dante a Leopardi. Pur essendo moderno, non dimentica le radici, ma le rielabora in modo originale, creando un linguaggio che è allo stesso tempo raffinato e colloquiale.
- La vita come enigma: La poetica di Caproni è una meditazione sulla fragilità della vita e sul mistero dell’esistenza. Spesso le sue poesie si interrogano su domande fondamentali: chi siamo? Da dove veniamo? Che cosa rimane di noi? Non ci sono risposte facili, ma solo un’interrogazione continua.

Ieri una nuova piazza è stata dedicata al poeta Giorgio Caproni.
Caproni nacque a Livorno nel 1912 (la stessa generazione di Bertolucci, Bigongiari, Gatto, Luzi, Sereni), ma la sua famiglia si trasferì a Genova quando aveva dieci anni. La città ligure diverrò una città mitica in molti dei suoi poemi. Divenuto maestro di scuola elementare insegnò in diverse piccole città finche si trasferì a Roma nel 1939. Combatté nella Seconda guerra mondiale e fu attivo nella Resistenza. Visse poi un’esistenza riservata e sobria con una moglie amata, un figlio ed una figlia, con un lavoro sicuro come insegnante. Muore a Roma nel 1990.
“L’ascensore” da Il Conte di Kevenhüller
Per cogliere al meglio la sua poetica, possiamo analizzare un breve testo tratto dalla sua opera del 1986, “Il Conte di Kevenhüller”.
Dov’è il conto da pagare? Dove i soldi per pagare? Dove la memoria di tutto ciò?
Dove lo smarrito foglio per segnare lo sconquasso che un ascensore scassato fece in un buio mio passo, fra il piano terreno e il piano alto, e nel mezzo, la mia disperazione (che a volte mi prende)?
Questo testo, apparentemente semplice, racchiude perfettamente la poetica di Caproni:
- Le domande retoriche: La poesia inizia con una serie di domande che non cercano una risposta, ma esprimono un senso di smarrimento e di perdita. “Dov’è il conto da pagare?” non si riferisce a una spesa concreta, ma al debito esistenziale che tutti abbiamo.
- Il tema della mancanza: Le domande esprimono la mancanza di qualcosa di fondamentale: la possibilità di “saldare il conto” della propria esistenza, ma soprattutto la memoria di questo debito.
- La metafora dell’ascensore: L’ascensore che si blocca “fra il piano terreno e il piano alto” è una potente metafora della condizione umana. Siamo sospesi, bloccati tra la vita e la morte, tra il basso e l’alto, senza poter procedere. Questo blocco simboleggia la crisi esistenziale del poeta.
- Il senso di vuoto e disperazione: La “disperazione” esplicitata nel testo non è solo un sentimento momentaneo, ma una condizione esistenziale che a volte “prende” il poeta.
Il testo mostra come Caproni riesca a trasformare un’esperienza banale, come il blocco di un ascensore, in un’occasione per riflettere sui grandi temi della vita e della morte. Con un linguaggio asciutto e preciso, ci porta nel cuore del suo smarrimento, un’esperienza che, pur essendo personale, diventa universale.
Casa Insmout-affitti brevi vi aspetta per informazioni e prenotazioni al 3338958640 oppure al 3475780139. A presto!
